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EXPO 2015

Un brevissimo resoconto della mia esperienza EXPO2015.

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Per chi viene da un paese vestito da città l’arrivo ad EXPO è già fonte di emozioni. Le dimensioni sono fuori scala. Abituati al grande supermercato con 32 casse, avere davanti agli occhi più di 50 gate di ingresso è già scioccante. Dopo i controlli di sicurezza si arriva al “decumano”, la via principale della fiera. Lunghissima, non si vede la fine. Larghissima che ci vuole tempo per attraversarla. E tutto intorno i padiglioni tematici e delle varie nazioni. Immensi, curatissimi nei dettagli maniacali, con delle soluzioni davvero avveneristiche per il design o l’ingegneria.

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I percorsi tematici sono davvero interessanti. In particolare mi ha colpito quello relativo al “riso”. Si parla di riso attraversando i paesi che ne sono maggiori produttori a livello mondiale, potendo annuasare i profumi della loro cucina, ammiare la produzione del loro artigianato o rimanere basiti di fronte alla loro musica e danza tradizionale. Intanto cartelloni tematici, video ed opuscoli ricordano che EXPO non è una sagra. E’ un percorso culturale, di formazione personale, di crescita e come tale andrebbe affrontato. Peccato che non sia sempre così. Le informazioni scientifiche ed economiche ci sono, ma spesso sono stato distratto dalla architettura e da aspetti più facilmente fruibili di un poster. Colpa della stanchezza, del clima di festa e della gola.

Davvero è una bella impressione vedere tante persone di etnie diverse in uno spazio così piccolo (rispetto alla superficie terrestre), e potere viaggiare come saltimanchi impazziti da un continente all’altro, da una informazione alla successiva ed apprendere che in Iran si producono tantissime spezie e the (e ci sono bevande buonissime), che in Qatar si importa il 94% del cibo, ma si sta lavorando moltissimo per migliorare la tecnologia agrolimentare. O che in Cina ci sono delle tradizioni antichissime anche rispetto alla storia europea (coltivazione del riso o del the). O anche che in Laos preparano delle insalate piccantissime (ho pianto per quasi 5 minuti) ed i piatti principali (così come in Vietnam) sono a base di RISO!

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Si rimane colpiti di fronte alla magnificenza di alcuni padiglioni: quello Israeliano con le coltivazioni a “parete”, quello Tedesco che ha un design davvero imperdibile, quello Brasiliano che consente di volare sulla foresta e sulle teste delle persone (donne con le gonne, attenzione, da sotto lo “spettacolo” è garantito!). La fortuna è stata anche quella di trovare le celebrazioni della comunità Giapponese, con tanto di sfilate, dimostrazioni e tanto folklore.

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Molto suggestivo il campo di spighe di grano allo stand Cinese. Vale la visita!

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L’albero della vita è immenso, bellissimo. Tutto ha un fascino molto magico ma induce anche a qualche riflessione. Quanto è costato tutto questo? Che fine faranno i praticelli ebosi e le strutture una volta finito tutto? Il padiglione del  Giappone o quello del Marocco saranno smontati e portati via? O rimarranno ad imperitura memoria di soldi che dovevano essere spesi meglio?

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Andateci, ma non riempitevi solo la panza (i prezzi non sono popolari, l’acqua in bottiglia si paga anche 2 euro, ma si sono i distributori gratis!), ma anche gli occhi. Stringete le mani alle persone, parlateci, leggete i poster ed i disegni dei bambini. Quella è la vera ricchezza dell’EXPO: le persone!

 

KeySight

Puntuale come l’affito anche quest’anno è arrivata la possibilità di partecipare ad un seminario della KeySight  (altro non è che la divisione strumenti, misura ed elettronica della buona vecchia Agilent). Stavolta il seminario si è tenuto al Museo Della Scienza e Tecnologia a Milano con argomento riguardante i sistemi di misura ad RF e microonde.

I contenuti del seminario sono sempre di altissimo livello, quest’anno impreziositi dalla presenza di un intervento dal taglio accademico del Dott. Mario Caironi (IIT) e relativo alle possibilità offerte dai materiali organici per la realizzazione di circuiti stampati e componenti elettronici (CMOS). Si trova qualche informazione qui e qui.

Dal punto di vista della strumentazione sono rimasto molto colpito dal nuovo analizzatore di spettro della serie UXA, con uno schermo grosso come un televisore e touch. Magnifico davvero, soprattutto per le innovazioni che introduce: nuovo funzionamento del sistema di sweep, che adesso compensa automaticamente la distorsione introdotta dal filtro RBW in modo da minimizzare sempre il tempo di scansione. Nuovi anche i mixer esterni, adesso USB-powered e con un solo cavo di collegamento allo strumento. Nuove le funzioni di low noise, con baypass di alcuni stadi per ottimizzare il rumore alla ricerca dei segnali con più basso S/N. Soprattutto nuovo l’oscillatore: tutto in tecnologia DDS funzionante a più di 14 bit su un range vastissimo (7.4GS). Interessante la possibilità di lavorare con la FFT a blocchi di 510MHz.

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Impressionante è anche la parata di apparati che è stata messa in opera per dimostrare le potenzialità di generazione di segnali arbitrari. Alla base di tutto c’è il M9505A mainframe con cassetto M8190A. Si tratta di una unità in grado di generare un segnale in banda base con 12.5 GS/s asservito ad un calcolatore sul quale gira MatLab Il segnale viene dato in pasto ad un generatore modulabile (Vectro Signal Generator – E8267D)  che agisce da Upconverter fino a 44GHz. Il segnale modulato viene ricevuto da un analizzatore di spettro della famiglia PXA, il modello N9030A. Il segnale viene prelevato dalla IF ed inviato ad un Oscilloscopio della serie Infiinium (MSO-S 804A) che lo demodula in tempo reale in modo vettoriale. Impressionante vedere sullo schermo dell’oscilloscopio 6 sottosezioni in cui erano mostrati lo spettro in banda base, i simboli, il MER e tante altre informazioni. Ipnotico.

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Nel vedere il FieldFox mi si è slogata la mascella. Si tratta di un analizzatore portatile molto compatto e dal peso di 2kg. L’oggetto funziona come VNA (si… vettoriale) a due porte, TDR, Analizzatore di spettro con tracking generator e voltmentro selettivo. Il tutto fino a 26.5GHz in scioltezza. Il prezzo è di quelli che “fanno male” ma pensare che in uno strumento solo ci sia così tanta possibilità di misura è davvero imbarazzante. In pratica si potrebbe comperare solo quello per avere un mostriciattolo in grado di rimpiazzare la maggiore parte degli strumenti del laboratorio. Purtroppo no foto. L’emozione era troppa.

Appena entrato in sala faceva bella mostra di se un oscilloscopio digitale di quelli “TOP”, che visualizzava un segnale con una risoluzione temporale nell’ordine di 1ns (era un modello con 25GHz di banda). Il sistema era in demo per mostrare come sia possibile, attraverso opportuni algoritmi, compensare il comportamento dei cavi e dei connettori sia in ampiezza che in fase in modo da minizzare gli errori di misura e l’incertezza nella misura della ISI e del Jitter. In pratica i furbastri hanno integrato nell’oscilloscopio un generatore in grado di emettere un gradino estremamente ripido (<13ps) che eccita quindi uno spettro molto alto. Questo segnale viene immesso nel cavo da caratterizzare e consente di ricavare la funzione di trasferimento del sistema che verrà poi compensata attraverso FPGA. Non fa i miracoli, per caratterizzare a pieno una linea è sempre il VNA lo strumento vincente, ma in tutte quelle situazioni in cui il VNA non c’è o non è possibile usarlo… è possibile metterci una pezza molto efficace.

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Ultimo, ma non per importanza, il sistema di analisi della potenza per sistemi in corrente continua modello N6705B. Si tratta di un dispositivo modulare che può lavorare come source o sink di tensione e corrente continua ed è in grado di caratterizzare a pieno un dispositivo misurandone il consumo in potenza o in energia nel tempo. La cosa molto interessante di questo sistema è nella possibilita, attraveso un opportuno software, di potere effettuare il calcolo dell’energia fornita al sistema utilizzando una comoda piattaforma grafica. Costa un patrimonio, ma sarebbe davvero utile per i progetti che stiamo portando avanti.

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E’ tutto. Per questa volta.